20. b/w

A volte mi perdo guardando le foto in bianco e nero, quelle vere, quelle in cui lo sviluppo a colori ancora non era contemplato.

Altre volte ricordo com’era guardare la televisione quando il telecomando ancora non c’era e i colori non erano un granché.
Altre volte penso a quando riavvolgevo le cassette e le videocassette a mano, perché magari mancava la corrente, o le batterie del walkman erano scariche.

Mi perdo a ripensare a quei pochi anni della mia vita perché, sì, erano pochi.
Era una fase di transizione di tante, forse troppe cose.
I miei, restii in parte all’innovazione, nati alla fine degli anni ’40 e figli dei nati alla fine degli anni ’10, non riuscivano quasi a tenere il passo.
Ripenso al fatto che il mondo esterno, quando ero veramente piccola, veniva centellinato, in modo da potermi godere molti attimi di ingenuità.

Ripenso a quando ero piccola, e che poter usare il Master System ogni tanto, senza dover per forza guardare i miei fratelli giocare, mi avrebbe fatto piacere: forse oggi potrei raccontare di aver terminato Alex Kidd, o forse no.
Ripenso al primo personal computer, che non è mai stato davvero “personal”; ripenso a tutte le volte che non mi era permesso accenderlo, quando ero sola.

E poi ripenso a quelle foto, quelle in bianco e nero, quelle che a casa mia scarseggiano perché i momenti venivano immortalati solo quando davvero ne valeva la pena. E penso che quelle foto trasmettono un senso di meraviglia che oggi non trovo più.

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