24. la voglia di comunicare

Per la serie:

tumbleweedtalk

Mi sembra di vedere all’interno del mio cervello. Quella pagliuzza rotolante è un riassunto molto esauriente. Un groviglio di fili che un tempo erano floridi, vivi; adesso ingialliti dal sole e dal tempo, indistricabili. E quando ci provo a districarli sento che è meglio lasciar perdere, perché ci metterei troppo tempo, e la mia attenzione al momento è richiesta altrove (frasi fatte per dire: non ne ho voglia).

Mi ricordo che prima era più semplice mettersi lì, un’oretta, due, e con calma srotolare quella matassa di pensieri, capire cosa stesse succedendo, magari scriverci qualcosa. E poi ero più serena, un’uscita con amici e tutto andava bene. Adesso sembra di non riuscire nemmeno a capire da dove cominciare il discorso tra me e me. So che c’è tanto lì in mezzo, tanto da dire, tanto da analizzare, ma sembra troppo…e il tutto si riduce al niente.

Così visto dall’esterno è solo una matassa di erba secca.

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23. Ho sonno ma…

…sto pensando.  Sto pensando che la vita spesso non è giusta,  e altre banalità simili. Sto pensando, ad esempio, che a volte l’immedesimazione è più forte dell’identità. Sto pensando che a volte non ci si sente più autentici e basta. Sto pensando che se non si riesce più ad essere la persona che si era un tempo, forse è normale, forse bisogna arrendersi al cambiamento e smettere di combatterlo. Sto pensando anche che bisognerebbe smetterla di costringersi ad essere statici nel modo di vedere le cose, e forse un modo esiste per non esserlo e allo stesso tempo non arrivare al caos più totale. Sto pensando che forse tra chi legge questo blog c’è qualcuno che ride di questi momenti,  ma non importa (o forse sì); e questi sono pensieri più grandi di me adesso, e penso anche che vorrei dormire.

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22. anno nuovo, vita…solita

Ogni tanto mi viene in mente di aprire un nuovo blog, uno serio, di quelli da cui partire per fare qualcosa di più di una semplice condivisione di pensieri a tempo perso.
Mi fermo sempre al primo passo: il titolo e l’url.
Perché sembra banale, ma in realtà è il primo passo quello che conta di più, almeno per dare un’idea. Cosa dovrà contenere? Il titolo è coerente con quello che voglio esprimere? E, cosa più importante: cosa voglio esprimere? Racconti? Recensioni? Perché? E se poi fanno schifo? Ma a me interessa veramente? E se poi non sono costante? Ma con tutta la gente che pubblica quotidianamente che contributo posso dare io? Nemmeno leggo così tanto…ecc.
E da lì in poi tutto diventa bianco, vuoto, senza alcuna utilità; e l’idea del nuovo blog va a scemare come ogni anno.
E così mi ritrovo, come spesso accade, in pigiama alle quattro del pomeriggio a fissare il pc al posto di studiare, pensando di aver posticipato ancora una volta un’occasione per un nuovo inizio. Mi consolo pensando che non è detto che un nuovo inizio non si trascini dietro le vecchie abitudini.
E penso ancora
“alla prossima…”

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21. Gestalt

È possibile che quello che siamo sia solo la somma delle nostre passioni e dei nostri tormenti? Se un giorno ci svegliassimo apatici e asettici; se quel giorno dovessimo incontrare una persona e cercare di dialogare; se quello stesso giorno i nostri sensi fossero perennemente addormentati; se quell’esatto giorno tutto quello che riuscissimo a fare fosse ascoltare senza dare un’opinione, cosa saremmo all’occhio del nostro interlocutore?
Forse gli sembreremmo dei contenitori vuoti, e forse noi avremmo la stessa impressione.
Immaginate se quel giorno tutto ciò di cui fossimo sicuri fosse la respirazione e l’affetto che proviamo verso gli altri. Un ottima base per un essere umano, ma con un contorno un po’ scarso.

Mi chiedo, non è possibile che ci sia di più? Non è possibile che siamo più della somma delle nostre passioni e dei nostri tormenti? E non è possibile, sempre in via ipotetica, che qualcosa ci resti dentro anche quando quelle passioni vengono a mancare?

Non è possibile che siamo sempre noi?

Per adesso no, non sembra possibile.

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20. b/w

A volte mi perdo guardando le foto in bianco e nero, quelle vere, quelle in cui lo sviluppo a colori ancora non era contemplato.

Altre volte ricordo com’era guardare la televisione quando il telecomando ancora non c’era e i colori non erano un granché.
Altre volte penso a quando riavvolgevo le cassette e le videocassette a mano, perché magari mancava la corrente, o le batterie del walkman erano scariche.

Mi perdo a ripensare a quei pochi anni della mia vita perché, sì, erano pochi.
Era una fase di transizione di tante, forse troppe cose.
I miei, restii in parte all’innovazione, nati alla fine degli anni ’40 e figli dei nati alla fine degli anni ’10, non riuscivano quasi a tenere il passo.
Ripenso al fatto che il mondo esterno, quando ero veramente piccola, veniva centellinato, in modo da potermi godere molti attimi di ingenuità.

Ripenso a quando ero piccola, e che poter usare il Master System ogni tanto, senza dover per forza guardare i miei fratelli giocare, mi avrebbe fatto piacere: forse oggi potrei raccontare di aver terminato Alex Kidd, o forse no.
Ripenso al primo personal computer, che non è mai stato davvero “personal”; ripenso a tutte le volte che non mi era permesso accenderlo, quando ero sola.

E poi ripenso a quelle foto, quelle in bianco e nero, quelle che a casa mia scarseggiano perché i momenti venivano immortalati solo quando davvero ne valeva la pena. E penso che quelle foto trasmettono un senso di meraviglia che oggi non trovo più.

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19. citando

“…la viltà non è soltanto il lasciarsi sopraffare senza reagire, il coraggio non è soltanto combattere senza mai mollare. La viltà può essere semplicemente salire su un piedistallo e non aver nessuna intenzione di scendere, e il coraggio può essere non voler salire affatto su quel piedistallo”

 

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18. considerazioni

Banalità:
Nel momento in cui uno si espone deve essere consapevole che non tutti approveranno né avranno un pensiero simile al suo.

Errore:
Si crede di essere maturi quando non si accetta che gli altri esprimano la propria opinione di dissenso, e si comunicano massime di libertà di parola proprio per protestare verso chi esprime disapprovazione (e quindi usufruisce del proprio diritto di libertà di parola)

Conseguenza:
L’essere infantile ripiegherà sulla teoria del modo in cui qualcosa è stata detta,  decontestualizzando e scegliendo di punto in bianco di eliminare tutti i tratti di ironia e/o simili dal discorso, aderendo inconsapevolmente ad una sorta di dittatura verbale. Il dissenso non è contemplato nella concezione di libertà di parola del suddetto essere, ma lo diventa solo se questi esprime dissenso sul dissenso .

Dove trovarlo:
Ovunque nel mondo (ma su fb l’effetto è decisamente più immediato, e più fastidioso).

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17. che bel numero

…personalmente il numero 17 mi ha sempre portato bene. Compiti in classe, esami dati il 17 di qualunque mese mi hanno sempre regalato bei voti.

Non è un post sul numero 17. È solo che non so che titolo dargli.

L’intento iniziale di questo blog era raccogliere pensieri estemporanei, come scritto nella pagina delle informazioni – orientamento alla lettura, se non ricordo male.
Non mi spiego perché pur avendo scritto un disclaimer (anche se con un titolo diverso) la pigrizia, o la voglia di dare le cose per scontate della gente ha avuto il sopravvento,e chi ha letto quanto è stato scritto qua finora ha decontestualizzato tutto sentendosi attaccato. Quindi temo sia giunto il momento di svelarvi un segreto.

Molte delle cose che scrivo partono da una riflessione puramente autocritica. Perciò se vi sentite colpiti o offesi è perché siete più simili a me di quanto non abbiate mai pensato. Sappiate però che io non mi offendo.

Io scolpisco attraverso queste riflessioni la mia persona, quella che sono, quella che vorrei e/o non vorrei essere e quella che sarò. Alla fine un po’ di egoismo c’è in tutti noi, o sbaglio?

Pensate solo una cosa: prima o poi tutti scompariremo da questo Posto che ci ospita. Quindi che senso ha offenderci, insultarci, cercare di fare le vittime ad ogni occasione buona?

Qui parlo io, se le mie parole non vi piacciono siete liberi di commentare, di farmi notare se vi offende qualcosa, se condividete un pensiero, se pensate che sia incompleto. Mi piace il dialogo, mi piace il dibattito. Mi piace crescere.

Magari questo 17 non è proprio uscito bene. Ma volevo giusto parlarvi, poi magari riprenderò a scrivere in modo corretto.

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Protetto: 16. tu chiamale se vuoi…

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15. italiani che non siete altro

Italiani che non siamo (siete) altro, continuiamo (continuate) a dare ascolto a vecchi pazzi.
Quello che rincorre adolescenti e poi dice che sono nipoti di Mubarak, ma visto che il sesso è un argomento controverso e divertente continuate a votarlo perché nei vostri cuori quel vecchio pazzo (perché di un vecchio pazzo si tratta) è diventato una macchietta. Quell’altro che candida un signor signore alla presidenza della repubblica e poco dopo lo insulta; critica il vecchio modo di far politica e poi si comporta da massone, con riunioni segrete ed espulsione a pagaiate dei membri del movimento (perché non si chiama partito, non vuole avere niente a che fare con la politica, lui…eh!).
Ed è divertente da un lato osservare tutto questo, perché ci si rende conto che in realtà non avete bisogno di qualcuno che svolga quel lavoro in modo onesto e limpido, ma avete bisogno di capi da seguire, di punti di riferimento. Avete bisogno di una squadra per cui fare il tifo, una squadra che si identifica nel suo capitano. Perché non vi identificate nemmeno in voi stessi.

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